Kill Bill - Volume 1 (M.N.)
di Quentin Tarantino (2003)
Durante un anno mi capita poche volte di uscire dal cinema con le emozioni ancora in corpo che generano brividi e pensieri e che scorrono ancora quando mi incammino verso casa. Il nuovo film di Tarantino è in una parola esplosivo, pura dedica ai b-movies di Leone e di Bruce Lee, ma soprattutto alla filosofia nipponica, quella dei Samurai e di Sun Tzu, che racconta come l’arte della guerra concepisca la vendetta come "un piatto che va servito freddo", non è semplicemente frutto della legge del taglione, ma un rituale lento ed inesorabile figlio di una cultura molto lontana dalla nostra, che diviene l’elemento trainante che guida la nostra eroina, una fiammante Uma Thurman, mai così bella ed inesorabile. Se nei film epici di Leone (ricordati anche nella colonna sonora), l’eroe era il gelido Clint, Uma è la donna dagli occhi di ghiaccio che guida uno stuolo di protagoniste femminili che mettono in ombra tutti gli uomini presenti sulla scena, relegati a semplici comparse. Tutti tranne uno, Bill, che in questo Vol.1 non appare se non con piccoli dettagli, le mani. Il dettaglio, è proprio un altro importante aspetto dell’opera di Tarantino. Le mani e soprattutto i piedi, che nel mondo cino-giappo sono elementi fondamentali sono protagonisti assoluti dei primi piani, e raccontano l’incessare della vicenda con un ritmo a volte sincopato e a volte tamburellante. Quello che vi posso dire è che la storia non ve la racconto, come sempre, perché il piacere della visione è scoprire le mille sfaccettature di quello che potrebbe diventare un capolavoro, un cult per le masse, seguendo le orme di Pulp Fiction che ha portato il genere criminale grottesco agli occhi delle folle. Un ultima parola sulla musica. I generi utilizzati dal regista sono spesso in contrasto con le immagini e in un duello in un giardino giapponese ricoperto di neve, "Don’t let me be misunderstood" di Santa Esmeralda fa quasi venire le lacrime agli occhi. Indimenticabile.
GIUDIZIO: WWW
Per i puristi del virtuosismo registico, segnalo un piano sequenza da vero urlo, all’interno di un locale nipponico. La cinepresa racconta più di ogni cosa.
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