Match Point
di Woody Allen (2006)
Woody Allen, ritiratosi dietro alla telecamera, decide di abbandonare la comicità per cimentarsi con una pellicola drammatica sul tema: nella vita conta di più la bravura o la fortuna? Domanda inutile, da cui scaturisce a mio parere un film non strepitoso, se non fosse che l'abilità del regista americano riesce a dargli quella marcia in più per non farlo scadere nel banale. Match point è la storia del giovane Chris (Jonathan Rhys-Meyers), irlandese di umilissime origini uscito testardamente dalla spirale della povertà grazie al tennis. Dopo aver fallito come professionista, Chris è divenuto istruttore e si trasferisce a Londra, dove trova lavoro in un prestigioso ed esclusivo circolo sportivo. Con l'istinto del vero gatto di strada, il bel Chris affascina e flirta con chiunque incontri sul suo nuovo terreno di caccia: facoltosi uomini d'affari o ricche signore. Fa tredici quando inizia a dare lezioni a Tom Hewitt (Mattew Goode): inizia a frequentarne la casa e fa innamorare di sè la sorella Chloe (Emily Mortimer); i genitori di Tom e Chloe sono totalmente in balìa del fascino del giovane: questo gli frutta un matrimonio opulento - con la povera Chloe, appunto - ed un posto di primissimo piano, a livello dirigenziale (senza credenziali nè esperienza) nell'azienda del suocero. Peccato che tutto questo duro lavoro di furbizia e bonne chance sia messo a repentaglio dall'apparizione della fidanzata di Tom, Nola (Scarlet Johansson), e dall'esplodere tra i due di una passione irrefrenabile; ora a Chris la scelta: mandare a monte un futuro tanto ricco quanto impensabile fino a qualche anno prima in nome di passione ed amore, o rinunciare al cuore in favore dello stomaco? Cinico, terrificante a tratti, spietato, Match Point racconta con metafore tennistiche come tra vita e morte, tra successo e fallimento ci si metta spesso e volentieri il fattore fortuna, quello che fa sbattere la palla sul nastro e decide che la stessa cada al di qua o al di là della rete. C'era bisogno di farci un film? Forse no, se non fosse che - come ho già detto - il signore piccoletto dietro alla cinepresa è un vero genio (anche se sul viale del tramonto), che ci lascia con delle domande: ma davvero Chris è stato fortunato? Si può parlare di fortuna quando tutti gli astri si allineano per far andare le cose nel verso che vuoi tu, anche a discapito della felicità? O la fortuna è l'imprevisto che ti porta completamente fuori strada, ma ti fa incontrare chi ogni mattina farà sorgere come un sole il sorriso sulle tue labbra? Genio che va sbiadendo...
GIUDIZIO: WW
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