Ghost Dog
di Jim Jarmush (1999)
Avverto subito che questo film entra nella mia top five personale, come qualcuno di voi avrà forse notato. Mi scuserete dunque se mi lascerò un po’ andare recensendolo. “Qual’è il piano sequenza che accompagna i titoli di testa più bello della storia del cinema?” Se l’alunno interrogato fossi io, darei la mia risposta senza incertezze. Bellissima la piuma di Zemeckis per Forrest Gump; ormai storica quella di Altman per I Protagonisti…ma Ghost Dog, secondo me, dichiara di essere un capolavoro fin dai primi fotogrammi: musica, immagini ed atmosfere dell’intro si sposano talmente bene tra loro da strapparci un sorriso di piacere. La storia, il cui seme è l’Hagakure – il codice dei samurai – germoglia nei ghetti neri di NY, ribollente calderone di etnie e tradizioni contrastanti in cui può capitare che il tuo migliore amico sia qualcuno che non parla la tua lingua, né tu la sua; cresce forte, la storia di Ghost Dog, nutrita da continui capovolgimenti di atmosfere: ora tragiche, ora comiche, ora grottesche; fiorisce, l’epopea di Ghost Dog, in un finale vendicativo, eroico e commovente in cui impariamo che tutti, anche un sicario professionista, può toccare le più alte vette spirituali ed aspirare al Paradiso…a quello in cui crede lui, per lo meno.
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Per chi ha amato Leon di Besson, ma pensava gli mancasse un po’ di poesia.
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