Shutter Island
di Martin Scorsese (2010)
Sbarchiamo su un'isola non molto lontana dalla costa nord-occidentale degli Stati Uniti, nella quale due agenti federali sono stati chiamati per indagare sulla misteriosa scomparsa di una paziente. Su quest'isola vi è solamente un grande ospedale psichiatrico nel quale sono in cura pazienti affetti da gravi malattie mentali, ritenuti troppo pericolosi per la società e rifiutati persino dagli altri manicomi. Il resto dell'isola è composto principalmente di altissime scogliere, che colano a picco direttamente sulle acque dell'oceano. L'unica via di fuga, nel caso si riuscisse a fuggire, consiste nell'affrontare le ripide scogliere, e se mai si arrivasse al mare, nuotare fino a che il fisico non regge più: fuggire porterebbe a morte certa. E' proprio da questo presupposto limite che parte l'indagine dei due agenti. Ma progressivamente lo svolgimento delle indagini si alterna con una dimensione onirica, fatta di flashback, allucinazioni e strani sogni del protagonista, che avranno un grave peso sul suo stato psicologico. Assisteremo quindi ad un graduale distacco dalla realtà da parte del protagonista, tipico dei personaggi di Scorsese, causato da eventi ed incontri nel corso dell'indagine, dal crollo delle uniche certezze che l'hanno accompagnato sull'isola, arrivando al punto di non fidarsi più di nessuno. Cosa accade realmente ai pazienti della clinica? Quali sono i metodi di cura? Che tipo di persone vi sono richiuse, da essere tanto dannose per l'intera società? Sono i grattacapo da cui non riusciamo cavare piede, che con martellante frequenza si impongono nel corso della pellicola. Scorsese si ritrova a fare il burattinaio dentro e fuori lo schermo, in quanto tiene soggiogato lo spettatore fino alla fine, confondendolo il più possibile, e costringendolo a schierarsi dalla parte del protagonista e ad aiutarlo a risolvere gli enigmi che pian piano si accavallano. E insieme al protagonista, anche lo spettatore perde le sue certezze e si trova disorientato. Allucinato e suggestionato dai giochi di luci e ombre che rappresentano l'interno della clinica, l'ufficio dello psichiatra e il caseggiato in cui sono rinchiusi i pazienti più pericolosi. Nell' isola si respira un'aria misteriosa e arcana, e data la presenza di quell'unico edificio, sembra che la ragione abbia abbandonato quest' isola. Forse non il miglior lavoro del regista italo-americano, ma comunque degno di nota, condizionato dall'ispirazione di un romanzo: L'isola della paura; abbastanza apprezzabile l'interpretazione del non più ragazzino Di Caprio, nei panni dell'agente federale, unico vero protagonista di questo thriller psicologico. Ottima rappresentazione della follia schizofrenica: è veramente la follia che condiziona i nostri comportamenti, o sono determinati comportamenti che condizionano la nostra follia?
GIUDIZIO: WW
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