“Quello che avevo da dire sulla violenza e sul sesso l’ho detto. Ora attendo nuove sfide”. Questo ciò che ha dichiarato in un’intervista il 77nne regista, premio Oscar per
Il braccio violento della legge. E, in effetti, l’opera di Friedkin (vietata ai minori di 14 anni) esplora, senza nascondere alcunché, la degenerazione di una famiglia “normale”. Ispirato a una storia vera, tradotta anche in pièce dal premio Pulitzer Tracy Letts - qui nelle vesti di sceneggiatore -,
Killer Joe racconta l’idea di un giovane spacciatore, in pericolo di morte per aver perso la droga e non aver saldato il conto con il cartello, che pensa di trovare la soluzione ai suoi problemi ingaggiando un poliziotto-killer per uccidere la madre e riscuotere l’assicurazione.
Ambientato in Texas è un devastante quadro della provincia americana, con attori bravissimi e un regista al top.
Chris ha le fattezze di Emile Hirsch (
Into the wild), molto credibile nel ruolo del ragazzo sbandato. Ma non sono da meno Gina Gershon (la matrigna fedifraga), Thomas Haden Church (il padre non certo dotato di grande intelligenza), Juno Temple (la sorellina Dottie, visionaria, un po’ Cenerentola e un po’ Lolita) e, soprattutto, Matthew McConaughey (Killer Joe).
Killer Joe (nella versione originale con un forte accento texano) è duro, crudo, maniacale e per niente interessato ai drammi familiari: punta solo a ottenere ciò che vuole e quello che ha concordato. Qualunque cosa succeda.
Dopo
Magic Mike, un’altra prova eccelsa dell’attore statunitense che, con il passare del tempo, si rivela davvero bravo, non solo dotato di bella presenza e di un notevole lato “B”.
In un’escalation di violenza e di sangue, il racconto prosegue fino al finale ambiguo, degno ritratto di una sordida società. Il film, lo scorso anno, aveva entusiasmato gli spettatori intervenuti al Festival di Venezia che avevano sottolineato l’ottimo lavoro del regista, degli attori e di tutto lo staff.