Mio nome è Rosso, Il
di Pamuk Orhan (2001)

Da comune mortale mi mette piuttosto in imbarazzo recensire l'opera di un Premio Nobel per la Letteratura, soprattutto perchè sono in procinto di darne un giudizio tutto sommato negativo: da un lato sono convinto di non averne capito il valore, indiscutibile dal momento che l'autore è stato insignito del più alto riconoscimento che l'umanità abbia mai inventato... dall'altro, però, non riesco a fare a meno di pensare che l'arte, ogni forma d'arte, acquisisca valore in proporzione alle emozioni che è in grado di suscitare... come dire: l'opera d'arte è nell'occhio di chi guarda, in questo caso di chi legge. In me questo romanzo corale (edito Einaudi) ha suscitato fondamentalmente noia, l'ho trovato di una lentezza estenuante, ostico e talvolta fastidiosamente pedante nelle descrizioni, nella minuzia di particolari degna dei miniaturisti protagonisti della vicenda (e dunque, probabilmente, voluta). Ogni capitolo vede come protagonista una differente voce narrante, ciascuna intenta a fornire il proprio contributo nel raccontare l'indagine del giramondo Nero - indirettamente incaricato dal Sultano stesso - sull'omicidio di un noto miniaturista, la sua rincorsa ventennale ad un amore che pare impossibile, il contrasto tra tradizione ed innovazione nell'universo delle miniature nella Istanbul di fine '500. Svolazzi linguistici, metafore esasperate, ripetizioni narrative ricorrenti tendono ad annebbiare la vista del lettore per poi, tramite questa cecità, fornirgli uno strumento per intravedere la vera natura delle cose, il disegno del Creatore... Ammirevole, ma non so perchè non riesco ad apprezzarlo. O sarà forse perchè...il mio nome è Rozzo?!?

GIUDIZIO: W 1/2

Filippo Nembrini